LA COLTURA DELL'OLIVO OGGI

L'olivo, pianta caratteristica della flora mediterranea fin dagli albori della storia dei popoli evoluti che abitarono queste zone pur avendo avuto all'inizio una diffusione limitata alle regioni centro meridionali si è spinta in seguito anche in alcune zone dell'Italia settentrionale come nelle province di Brescia, di Trento e di Verona, mentre in Liguria sembra che la coltivazione risalga ai tempi immediatamente successivi alla diffusione nell'Italia Centrale.

Si trovano tracce di oliveti anche in zone diverse, considerate temperate per la presenza di climi addolciti da situazioni espositive ed ecologiche favorevoli, come la riva occidentale del lago di Como.

Nonostante l'importanza che ha l'olivicoltura nell'economia agricola italiana, specie di alcune regioni, la produzione di olio non è ancora sufficiente a coprire i fabbisogni interni.

Forse pochi sanno che la superficie in ettari coltivata ad olivi in Italia è superiore alla superficie di qualunque altra specie con circa 1.200.000 ettari contro poco più di un milione di ettari di quella vitata.

Da più parti si legge che il numero di piante di olivo in Italia sono circa 180 milioni, in altre si legge la cifra leggermente più modesta di 153 milioni.

Non potremo mai sapere quale sia esattamente il numero delle piante anche perché dopo la gelata del 1985 molti impianti sono stati distrutti ma altri ne sono sorti rinnovati nel numero di piante e nella tipologia con allevamento a "palmetta".

La superficie dedicata all'olivo si intende quella a coltura specializzata unicamente ad oliveto e non si tiene conto delle superfici con coltivazione mista olivo/frutteto/vigneto.

I paesi produttori, oltre all'Italia sono: Spagna, Grecia, Tunisia, Turchia, Siria, Marocco, Libia, Portogallo, Argentina, Algeria, Yugoslavia, Albania, Crimea (URSS), Israele, Libano, Giordania, Iraq, Cipro, Francia, Egitto, Cile, Stati Uniti, Messico, Perù, Uruguay, Brasile.

Nel mondo, mediamente, non considerando le annate disastrose per eventi metereologici di particolare virulenza, si producono circa 15 milioni di quintali di olio di oliva; circa 2/3 sono rappresentati dalla produzione di Spagna e Italia che si dividono in parti uguali, salvo accettabili alternanze produttive, un totale medio annuo di 10.000.000 di quintali.

La produzione di olio pregiato in Sabina, quasi totalmente extravergine, è mediamente di circa 55.000 quintali. Una quantità apparentemente irrisoria ma trattandosi di una qualità superlativa, tra le migliori in campo nazionale e quindi mondiale (essendo l'Italia il paese che produce olio di qualità migliore), rappresenta un fatto economico non trascurabile ma soprattutto un simbolo distintivo della millenaria storia agricola e olivicola della Sabina.

 

L'ambiente colturale dell'olivo
In Italia tutte le regioni sono rappresentate nell'olivicoltura se si fa eccezione del Piemonte e della Valle d'Aosta.

L'habitat si estende dal 30mo al 45mo parallelo nord anche se esistono delle zone al di fuori di questa fascia considerata classica.

La pianta di olivo anche se ha sfidato i millenni resistendo ad ogni violenza naturale e dell'uomo, ha periodi critici che sono quelli della formazione della infiorescenza o mignolatura, alla fine dell'inverno, all'inizio del processo di maturazione e a fine estate. Purtroppo nella lunga stagione del processo vitale del frutto o drupa ma anche della vita biologica della pianta ci sono in agguato molti pericoli rappresentati oltre che da eventuali malattie o infestazioni dalle tempere che possono non essere tollerate sia dalla pianta che dal frutto stesso.

Le temperature minime tollerate dall'olivo nelle varie fasi biologiche sono: mignolatura-fioritura +10°; fioritura-allegagione +15°; allegagione-invaiatura +20°; invaiatur-maturazione +15°; maturazione completa-fine raccolto +5°; fine raccolto -5°.

Purtroppo spesso si hanno escursioni repentine di temperatura che sono micidiali per il buon andamento del processo fisiologico sia della pianta che dei frutti.

La siccità prolungata oltre certi limiti è un altro elemento da prendere in considerazione mentre l'eccessiva umidità è dannosa forse più della siccità stessa essendo l'olivo una pianta xeròfita capace di sopportare condizioni di siccità mantenendo l'equilibrio idrico fra assunzione e dispersione d'acqua grazie a un'adattabilità fisiologica e morfologica.

Essa è certamente pianta adatta agli ambienti aridi più che a quelli dove l'umidità ristagna anche per brevi periodi.

Le piogge più indicate sono quelle primaverili ed estive in coincidenza con la massima attività vegetativa.

L'eccessiva umidità invernale del suolo può costringere le radici a spingersi in alto, verso lo strato superficiale del terreno, rischiando poi l'eventuale aridità dei periodi caldi.

I terreni migliori sono quelli a medio impasto (ce lo ricorda Plinio descrivendo ottimo il suolo dei colli Sabini per ospitare un tipo particolare di vite), fertili e relativamente asciutti. Nei terreni argillosi e compatti l'olivo resiste se viene assicurato un perfetto scolo delle acque.

Nei terreni sabbiosi, quindi soggetti ad una aridità eccessiva in estate, bisogna garantire all'apparato radicale un giusto apporto idrico.

Dove però l'olivo, specie alcune varietà trova il suo habitat ideale è il terreno calcareo con reazione subalcalina: l'olio che qui si produce è di qualità superiore.

Come vedremo, anche se il fattore climatico è determinante, è tutto l'ambiente che deve essere in sintonia con le esigenze di questo tipo di coltura.

Il successo dipende quindi da fattori climatici, fattori edafici (dal greco "edaphos" suolo) e fattori di natura biotica che possono agire negativamente sul processo vegetativo contrapponendosi a quelli di natura fisica.

Oltre a questi fattori purtroppo l'uomo ha dovuto tenere conto anche di quelli di natura colturale ed economica.

Mi sono convinto, visitando alcuni oliveti, nel cuore della media Sabina, che spesso la povertà ha costretto alcune popolazioni ad impiantare oliveti in zone inaccessibili e di difficile gestione dal punto di vista sia dei lavori che della raccolta.

Come già accennato il fattore climatico limita l'espansione della coltura dell'olivo sia al nord a causa delle basse temperature che al sud per quelle alte o per il prolungarsi di periodi siccitosi.

L'uomo coltivatore, scegliendo e selezionando particolari cultivar, ha finito con il rompere i confini naturali permettendo ad alcune piante di sopravvivere e a volte vivere anche bene, oltre la fascia termica sopra descritta.

Come si può notare dalla cartina seguente esistono tre zone delimitate in modo approssimativo tenendo conto dei fattori climatici.

La Sabina, almeno quella interessata alla coltura dell'olivo rientra entro i limiti ideali; infatti solo in casi eccezionali si hanno stagioni negative a causa delle basse temperature.

Se abbiamo parlato del limite compreso tra il 35° e 45° parallelo Nord, come la fascia che consente in linea generale la coltura dell'olivo, all'interno di essa vi sono differenze spesso sostanziali evidenziate dall'altimetria, dal tipo di terreno, dalla giacitura, dall'esposizione e la pendenza.

Se questi fattori interagiscono tra loro anche in virtù di altri di natura climatica, biotica e varietale, si può desumere che solo di rado esiste una uniformità colturale e quindi di resa sia quantitativa che qualitativa del prodotto olio che riassuma nelle sue caratteristiche organolettiche le positività di tutti i, fattori sopra descritti.

Si potrebbero a questo punto definire le caratteristiche ideali necessarie all'olivo per dare migliori risultati qualitativi ma non si può generalizzare poiché tante sono le varianti non controllabili anche all'interno di uno stesso habitat.

Possiamo affermare però che la Sabina ha in se un numero elevatissimo di elementi positivi come il tipo di terreno che va dal suolo bruno calcareo e liscivato di alcune zone a suoli bruni mediterranei, liscivati e litosuoli di altre, come si può rilevare dalla cartina dei suoli d'Italia; il clima mediamente temperato che non raggiunge mai temperature elevate né gelide (salvo in rarissime stagioni calamitose); le pendenze ideali dei sistemi collinari; la giacitura ed esposizione della maggior parte degli oliveti che sono esposti a mezzogiorno; l'altimetria che va dai 200 metri della bassa Sabina ai 500 circa dei colli della Sabina centrale.

Vi è inoltre un fattore che determina la qualità dell'olio della Sabina che non solo non va trascurato ma che sposandosi con le caratteristiche positive sopra descritte è partecipe nella costruzione di quei parametri qualitativi che fanno dell'olio di oliva della Sabina uno dei più pregiati del mondo: esso è rappresentato dalle varietà esistenti nel panorama colturale olivicolo della Sabina.

Carboncella, Raja, Fecciara, Leccino, Frantoio, Pendolino, Moraiolo e Rosciola, sono le principali cultivar anche se la Carboncella è preminente su tutte le altre poiché l'esperienza acquisita attraverso i secoli ha portato alla diffusione di questa varietà che è considerata ottima sia per la resa che per la qualità dell'olio.

La Rosciola che ha fruttificazione elevata, specie in stagione propizia con oleosità superiore alla media, resistente ai rigori invernali, si presenta fragile dal punto di vista delle sollecitazioni meccaniche durante la raccolta e il trasporto quindi deve essere molita immediatamente per evitare un eccessivo inacidimento causato dalla rottura delle cuticola per effetto dell'abrasione o schiacciamento.

Il frantoio anche se non è ancora diffuso come in Toscana è tuttavia ampiamente coltivato; ha produzione elevata e l'olio che si ottiene è veramente eccellente, specie nelle zone della fascia collinare centrale della Sabina.

Il Leccino è resistente alle basse temperature e all'attacco del Cicloconio (Cycloconium Oleaginum); si deve a questa sua resistenza la propagazione, specie in Toscana, di questa cultivar. In Sabina essa è abbastanza diffusa specie in alcune zone.

Purtroppo non sempre si è tenuto conto nella messa a dimora di nuove piante, dell'esigenza, specie per alcune varietà, di avere il supporto di cultivar impollinatrici poiché spesso non basta il vento a trasportare il polline per fecondare le cultivar autoincompatibili.

Nella scelta delle cultivar più idonee si è dovuto propendere non solo su quelle più feconde come fruttificazione ma anche sulla base della quantità e qualità dell'olio estraibile dai vari tipi di drupa.

Tra tutte le cultivar sarebbero da preferire quelle che hanno una drupa voluminosa con un rapporto polpa-nocciolo favorevole alla prima e che siano possibilmente a maturazione precoce e contemporanea tra i vari tipi, per evitare differenze troppo marcate al momento della raccolta.

Abbiamo accennato alle condizioni ideali create dall'habitat in Sabina per quanto riguarda i tipi di cultivar che fanno parte del patrimonio olivicolo della provincia reatina ma per capire meglio la qualità intrinseca dell'olio che qui si produce, ritengo necessario parlare della composizione chimica dell'olio e della sua struttura che vengono condizionate dal clima oltre che dal tipo di terreno e dalle cultivar.

Si è arrivati, dopo severissimi studi in campo non solo europeo ma internazionale, a dimostrare scientificamente che la temperatura elevata è responsabile di un accumulo di gliceridi solidi in quantità più elevata rispetto ai gliceridi liquidi.

Per tale motivo gli oli prodotti nelle regioni dell'Africa settentrionale e dell'Italia meridionale, specie se in pianura, risultano più "grassi" e cioè con una dose maggiore di gliceridi solidi rispetto a quelli dell'Italia centrale e settentrionale e comunque di quelli ottenuti da oliveti situati a latitudini più elevate.

È noto come gli oli tunisini, pur avendo caratteristiche generali buone, a causa della quantità eccessiva di gliceridi solidi, necessitano di una demargherinizzazione per renderli più "leggeri" (come sensazione) e graditi al gusto. Il senso di oleosità e grassezza è rimarchevole anche negli oli meridionali se si fa eccezione di alcuni ottenuti sempre in zone calde ma da cultivar di Coratina, Raccioppa e Cima di Bitonto che danno oli poco ricchi di gliceridi solidi (grassi).

Ciò conferma il fatto che oltre all'habitat e al terreno, anche la varietà dell'olivo ha un'influenza decisiva nel determinare la qualità organolettica del prodotto estratto.

La Sabina, al di là di ogni considerazione campanilistica, oltre ad avere fattori edafici, climatici, di latitudine e di esposizione e pendenza del terreno ideali, ha dalla sua anche le varie cultivar che per natura accumulano meno gliceridi solidi delle altre in virtù della latitudine e della temperatura media annuale, elementi questi che ben si sposano con queste cultivar.

Alla maturazione delle olive il problema della maturazione contemporanea della drupa, nei vari tipi di cultivar che compongono il piantato di un determinato podere deve essere affrontato in modo molto serio.

Diciamo subito che esistono due tipi di maturazione: uno che risponde alla necessità di ottenere un prodotto fresco, con un'acidità nei limiti minimi accettabili che generalmente si raggiunge tra i primi di dicembre e i primi di gennaio e uno commerciale che risponde alle esigenze di avere una maturazione totale per effettuare un'unica raccolta ed abbassare così i costi anche perché a maturazione totale e completa è più facile effettuare il distacco del frutto dalla pianta.

Non è valido comunque il detto che "l'oliva più pende e più rende". Quando il processo di inoliazione è avvenuto, la quantità di olio non aumenta nel frutto con la maturazione totale o la sovrammaturazione. È un falso al quale ci siamo abituati nel credere che se la maturazione va avanti si ottiene una maggiore quantità di olio.

In realtà si modifica per evaporazione il rapporto acqua-olio contenuti nella drupa, L'acqua evapora e l'olio aumenta in percentuale rispetto al peso della drupa che privata parzialmente dell'acqua avrà un peso minore: in poche parole alla fine non si avrà più olio ritardando di molto la raccolta delle olive.

Con l'avanzare della stagione, diminuisce la presenza dell'acqua rispetto alla sostanza secca mentre la quantità di sostanza grassa aumenta fino ad un certo periodo per poi stabilizzarsi e quindi diminuire sensibilmente.

Altra falsa credenza è che si è sempre ritenuto che solo quando le olive raggiungono la colorazione nera uniforme la quantità di olio è massima mentre si può notare ancora che a fronte di una colorazione ancora parzialmente verde le olive danno una resa maggiore di olio.

Le caratteristiche organolettiche di un olio, al di là dei fattori positivi, che prima abbiamo esaminato, dipendono anche dallo sviluppo della polpa rispetto al nocciolo oltre che dai fattori climatico-ambientali che hanno accompagnato la fase dell'inoliazione (processo di accumulo dell'olio nella drupa durante il periodo della maturazione).

Anche se l'olio si ricava soprattutto dalla polpa della drupa (pericarpo) quello ricavato dall'endocarpo e dal seme pur non modificando, a causa della quantità limitata, le caratteristiche organolettiche dell'olio estratto dalla polpa tuttavia ha caratteristiche chimiche ed organolettiche differenti.

Il contenuto più pregevole è la linoleina mentre prevalgono i gliceridi liquidi.

È stato per molti secoli un mistero la formazione nel frutto della sostanza oleosa.

Essa si forma forse a causa di un fenomeno metabolico vegetativo che trasforma le sostanze generatrici delle foglie. Secondo alcuni studiosi l'olio nella drupa non sarebbe altro che l'accumulo del prodotto di "rifiuto" dell'attività protoplasmatica; secondo altri è il frutto di una elaborazione del processo di accrescimento della drupa dal suo stadio iniziale fino alla maturazione.

La tesi più accreditata è quella desunta dalle ricerche di Scurti e Tommasi, i quali dimostrano l'esistenza di uno stretto rapporto fra l'accumulazione delle sostanze grasse nella drupa e la contemporanea scomparsa dell'oleanolo, alcol superiore costituente una sostanza cerosa, solubile in etere al pari dei grassi contenuti nella drupa.

L'oleanolo dunque sarebbe la sostanza fondamentale dei gliceridi dell'olio di oliva ed in particolare dell'acido oleico.

Altre ricerche hanno appurato che in definitiva la formazione di sostanze grasse all'interno del frutto è da attribuire, almeno in parte alle sostanze zuccherine.

Sostanze azotate e pentosani partecipano anch'essi alla lipogenesi (formazione sostanze lipidiche o grasse).

Vi è quindi un periodo preciso nel corso della vita biologica del frutto in cui la quantità e qualità dell'olio raggiunge uno standard ottimale: in quest'epoca bisognerebbe effettuare la raccolta senza frapporre indugi.

Da alcune ricerche effettuate su cultivar del tipo frantoio e carboncella si sono avuti i risultati espressi nella tabella seguente: buona, con un'acidità relativamente bassa e forse anche una seppure minima presenza di oleanolo che scompare solo a maturazione completa e a inoliazione massima è quello compreso tra la fine di Novembre e la prima decade di Dicembre.

il periodo di massima inoliazione è stato per le due cultivar il 30/12 mentre l'acidità più bassa verso la fine di Novembre e quella massima, per la Frantoio il 12/1, per la Carboncella il 28/1: misteri della natura e della vita biologica sia della pianta che dei frutto dovuto anche al condizionamento climatico ambientale al momento della raccolta.

 

Quando raccogliere l'oliva
Prima di trattare l'argomento raccolta forse è necessario stabilire con quale criterio si deve giudicare il grado di maturazione.
Alcuni studiosi hanno distinto tre stadi come riferimento per esprimere un giudizio sulla presunta quantità di olio accumulata dal frutto senza dover ricorrere ad elaborati accertamenti di laboratorio.
Il periodo di maturazione ha inizio con l'invaiatura (inizio maturazione contraddistinto dal cambiamento di colore del frutto: dal verde al colore caratteristico definitivo) e termina con la completa inoliazione del frutto, e la colorazione definitiva della drupa che può essere nera, viola scuro o rosso vinoso come la Rosciola.

  • 1° Stadio - Caratterizzato da un progressivo schiarimento dell'epicarpo che dalla colorazione verde scura passa ad una colorazione verde più pallida, con la comparsa di piccole "nuances" rossicce localizzate nella parte apicale del frutto. Un po' alla volta la colorazione si estende su una porzione maggiore di superficie. Il mesocarpo (polpa) è di colore biancastro, di consistenza solida e con un contenuto in olio molto scarso che ha colore verde intenso, un sapore decisamente aspro, un gusto vivacemente fruttato, un'acidità elevata, e una frazione consistente l'oleanolo.


  • 2° Stadio - La colorazione rossiccia, specie in alcune cultivar si estende su un'area sempre maggiore dell'epicarpo mentre il mesocarpo (polpa) assume colorazioni vinose che si attenuano verso la parte più vicina all'endocarpo (nocciolo) diventando sempre più intense nella parte esterna (verso la cuticola). Esistono delle cultivar nelle quali, al contrario, la colorazione diventa sempre più biancastra. La polpa inizialmente dura e consistente diventa morbida mentre la quantità di olio aumenta fino ad essere facilmente individuato (schiacciando il frutto) sotto forma di tracce oleose.
    Il sapore dell'olio da asprigno si addolcisce leggermente mentre il suo colore diventa gradatamente meno verdognolo.


  • 3° Stadio - L'epicarpo del frutto si presenta con la colorazione definitiva caratteristica di ogni cultivar. Generalmente la colorazione è violaceo-scura, con la cuticola lucida, attenuata solo dalla presenza della pruina (un velo ceroso leggermente opaco che si deposita sulla cuticola del frutto) e dalla presenza della formazione lenticolare.
    La polpa (mesocarpo) si colora uniformemente in rosso vinoso scuro; di consistenza sempre più molle e succosa tanto che schiacciandola si spappola lasciando una colorazione rosso-violacea-vinosa sui polpastrelli.

È questo il momento magico in cui le olive sono perfettamente mature dal punto di vista organolettico: la quantità d'olio è quasi al massimo, la sua colorazione è delicatamente verdognola chiara, il sapore è ancora più dolce e l'acidità al suo punto ottimale.

È mia impressione che in questo momento alcuni acidi nobili o alcoli superiori siano ancora presenti e aumentino le caratteristiche organolettiche dell'olio per poi scomparire del tutto ad inoliazione terminata e sopravanzati dall'acidità oleica che aumenta con la sovrammaturazione.
Gli aromi in questo momento sono al massimo della loro espressione.

Il fruttato anche se reso già delicato dallo stadio di maturazione è ancora presente ed evidente.

Abbiamo parlato in generale di colorazione dell'epicarpo definendola verde scura, verde tenue, rossiccia, vinoso-scura ecc... ma bisogna tenere presente che alcune cultivar non seguono queste colorazioni classiche che sono riferite alla maggior parte delle varietà ma esistono alcune di queste che possono avere colorazione uniforme che varia dal biancastro al violaceo scuro, dal nero intenso al rossiccio tenue.

In alcuni casi non tutta la superficie del frutto si colora nel colore predominante ma rimane chiara o verde tenue o biancastra.

Alcune cultivar addirittura, nella stessa pianta assumono colorazioni diverse che vanno dal verde chiarissimo, al rossiccio, al biancastro.

Purtroppo in alcuni cultivar non sempre la maturazione dei frutti nella stessa pianta è contemporanea e ciò dipende da molti fattori alcuni di natura genetica e altri vegetativa.

La raccolta tradizionale delle olive avviene secondo le abitudini, alcune acquisite di recente, rispetto alla storia dell'olivo.

Essa avviene attraverso la "brucatura" manuale che consiste nello staccare uno ad uno i frutti dai rami, o staccandoli con l'intervento di alcuni strumenti come il pettine e la "mano meccanica".

Questo sistema permette di "strisciare" i rami portatori di frutti lasciando cadere le olive su un cesto o "panara" come si chiama in Sabina, o a terra su apposite reti o teli stesi sotto la chioma della pianta.

La raccolta in alcune zone viene effettuata "raccattando" manualmente o con strumenti che raccattano meccanicamente le olive cadute spontaneamente a terra.

Questo sistema non è indicato per ottenere oli pregiati in quanto si presume che la cascola dei frutti non è contemporanea e quindi le olive cadute molto tempo prima della raccolta e molitura abbiano iniziato un processo di inacidimento.

Le olive possono essere anche fatte cadere con macchine scuotitrici che operano sul tronco scuotendolo e facendo cadere la quasi totalità delle olive. Naturalmente per facilitare il distacco è necessario procedere alla raccolta quando la drupa è in stato di avanzata maturazione o se si è proceduto con sistemi chimici a rendere più fragile o meno resistente il picciolo.

In Sabina, anche per motivi che riguardano il tipo di terreno che generalmente è collinare e scosceso con pendenze anche elevate, la raccolta avviene quasi sempre per brucatura manuale o con strisciatura a mezzo pettine.

Le olive vengono lasciate cadere nell'apposita "panara" (cesto in vimini con manico appeso attraverso un uncino ai pioli della scala) e a volte lasciate cadere in teli o reti stese in modo soffice per evitare urti meccanici alle olive che vengono poi raccolte nelle apposite cassette e trasportate al frantoio.

In Italia, in molti oliveti si effettuano irrorazioni con sostanze chimiche innocue che hanno il compito di facilitare il distacco delle drupe.

Si tratta di prodotti come l'acido ascorbico, la glicerina, e l'idrazide malica e gli ossietilenici che pur non recando modifiche all'olio raggiungono lo scopo di rendere uniforme e facile il distacco del peduncolo che trattiene il frutto al ramoscello.

In Sabina, anche in virtù di un nuovo disciplinare, la raccolta avviene soltanto con brucatura manuale o meccanica senza l'intervento di altre cause facilitanti il distacco.

 

Trasporto e conservazione delle olive
Non è sufficiente avere delle ottime olive, raccolte a giusta maturazione, appartenenti a cultivar ideali per ottenere un olio eccellente, è necessario che anche il trasporto delle olive dopo la raccolta e il loro immagazzinamento e conservazione, siano anch'esse operazioni eseguite a regola d'arte rispettando alcuni parametri.

  • 1) Le olive se sono state raccolte nel modo giusto e a maturazione ottimale, con una brucatura manuale o meccanica, eseguite senza danneggiare il frutto con escoriazioni profonde, ferite alla polpa, schiacciamenti ecc. devono essere trasportate tenendo ancora conto della "fragilità dei frutti".


  • 2) Le olive rovinate, perché maltrattate, favoriscono la fuoriuscita dell'olio che presto si degraderà compromettendo la qualità del prodotto.
    Un tempo anche in Sabina si usavano i sacchi di juta che producevano gravissimi danni ai frutti specie se ammassati poi in magazzini non asciutti né areati.
    Ora in Sabina è invalso l'uso, diventata pratica comune e generalizzata, di utilizzare cassette di materiali plastici che assicurano una buona ventilazione alle olive e non vengono schiacciate dall'esterno per merito delle pareti che anche se sono traforate proteggono i frutti contenuti.


  • 3) Non si deve mettere in uno stesso recipiente una quantità di olive esagerata per evitare che le olive sottostanti subiscano uno schiacciamento ad opera degli strati superiori.


Ammettendo che le olive siano giunte integre nel luogo dove devono essere immagazzinate, si deve tenere conto del periodo di permanenza dei frutti prima della molitura.

Sarebbe cosa ottima ed auspicabile al fine di ottenere un olio di qualità pregevole superiore, poter molire i frutti subito dopo la raccolta quando le olive sono ancora fresche e quindi integre dal punto di vista delle fermentazioni ecc.

È necessario assicurare una buona aerazione al magazzino e le olive devono essere stese su graticci, o lasciate in cassette con strati non molto profondi, per evitare che una volta ammassate raggiungano temperature troppo elevate favorendo indesiderate fermentazioni che potrebbero innescare l'insorgere di fiore batteriche e di muffe che apporterebbero una modificazione in senso negativo alle caratteristiche organolettiche dell'olio.

Potrebbe inoltre verificarsi un aumento sensibile dell'acidità oleica compromettendo anche il livello di commestibilità dell'olio.

Non potendo molire le olive subito dopo la raccolta è necessario che esse vengano mantenute fresche in piccoli strati possibilmente su graticci sovrapposti tanto da permettere all'aria di attraversare tutta la massa immagazzinata.

La temperatura non deve superare, se è possibile gli 8-9 gradi, e l'umidità deve essere mantenuta relativamente bassa.

In Sabina si tiene molto conto di questi parametri sia nel trasporto delle olive che nella conservazione anche perché l'elevato numero di frantoi disponibili, nella stagione della raccolta, permette di molire le olive senza che queste subiscano un immagazzinamento prolungato.

Se però la quantità di olive raccolte in una determinata zona o podere è superiore alla potenzialità di smaltimento dei frantoi locali è necessario, e d'altronde in Sabina ci si attiene in modo generalizzato, conservare in modo ottimale le olive in ambiente giusto e con le condizioni che evitino il degrado dei frutti che devono conservare intatte le caratteristiche di freschezza, di sanità e di pregio, assunte con una maturazione perfetta e una raccolta rispettosa della preziosità di questo nobile e ricercato frutto mediterraneo.

"Chi macina friscu macina finu" (Chi macina le olive fresche ottiene un prodotto fino), così sentenziavano i vecchi frantoiani della Bassa Sabina e credo che oggi la massima sia attuale più che mai.

 

Le cultivar principali della Sabina

Carboncella: Albero di sviluppo medio, portamento assurgente, foglie piuttosto espanse.

Autoincompatibile, frutto oblungo più piccolo della Rosciola, Maturazione leggermente più tardiva.

Produzione incostante.

Ottima la resa in olio di ottima qualità. È la cultivar più propagata nella Sabina Reatina.

Rosciola: Albero di limitato sviluppo, a chioma densa, portamento delle branche non molto eretto.

Foghe piccole e allungate, autoincompatibile, frutto ovaliforme, di notevole volume, di colore verde chiaro, rossiccio-violaceo, a polpa non densa, a maturazione precoce.

Costante nella produzione.

Resistente al Cicloconio.

Di buona oleosità.

Delicata nel trasporto e causa della fragilità della sua cuticola. Deve essere molita immediatamente poiché la rottura della buccia può provocare inacidimento dell'olio.

Leccino: Pianta assai vigorosa.

Chioma ampia e portamento inclinato, Drupa grossa e carnose, di colorazione uniforme violacea molto scursa; elevato il contenuto in olio di qualità buona.

Il Leccino è abbastanza resistente alle basse temperature per questo è preferito specie nelle colline più alte.

Raia (simile al frantoio): albero a grande sviluppo con chioma ampia.

Frutto grosso e di buona polpa.

Colorazione nera uniforme.

Resa in olio elevata e di ottima qualità

Olivastro o Olivone: Pianta molto vigorosa.

Foglie grandi.

Frutti grandi di forma elissoidale.

Buona oleosità, olio di buona qualità.